I massacri “calibrati” dei bombardamenti Usa in Siria e Irak
Il sempre attento Antonio Mazzeo segnala l’ennesima dimostrazione di doppia morale delle potenze esportatrici della civiltà liberale nel mondo. La strana narrazione secondo cui i bombardamenti Usa – diversamente da quelli russi – sarebbero sempre chirurgici, selettivi, mirati, viene continuamente smentita dai fatti. Ecco uno dei passaggi-chiave del documento finale del G7 dei ministri degli esteri (Lucca): “i bombardamenti nei primi giorni di aprile da parte degli Stati Uniti d’America in Siria sono una risposta attentamente calibrata e limitata nella sua portata, ad un crimine di guerra, con lo scopo di prevenire e scoraggiare la proliferazione e l’uso di armi chimiche letali”…
Oggi il Pentagono ammette di aver fatto una carneficina. Lo riporta un articolo comparso su La Repubblica di ieri che riferisce su fonti statunitensi, sia ufficiali (il Pentagono) che non govenative (Air Wars).
“Due mesi di sangue, quelli di marzo e aprile 2017, per i civili di Siria e Iraq, vittime innocenti dei raid della coalizione a guida Usa. Sessanta giorni in cui il numero di quelle che con un eufemismo vengono chiamate “vittime collaterali” è più che raddoppiato: 332 contro i circa 150 morti da agosto 2014, ovvero dall’inizio dell’operazione Inherent Resolve contro lo Stato Islamico. È quanto si legge nell’ultimo rapporto diffuso dal dipartimento della Difesa statunitente.
Qualcosa nell’offensiva militare deve essere cambiato. Secondo alcune organizzazioni non governative come AirWars, osservatorio sulle operazioni militari in Siria e Iraq guidato da un gruppo di giornalisti, gli Stati Uniti avrebbero abbassato gli standard di sicurezza utilizzati per difendere i civili durante gli attacchi per la liberazione delle zone controllate dall’Isis.
La coalizione, tuttavia, rifiuta le accuse mosse da AirWars e spiega l’aumento delle vittime con l’intensificarsi delle operazioni condotte su territori densamente abitati, e quindi a maggior rischio per i civili.
Non solo: per AirWars sarebbe da rivedere al rialzo anche il numero di vittime dichiarato dal Pentagono. Per la Difesa Usa 484 in tre anni, per l’Ong almeno 3817….
In un comunicato diffuso dalla Difesa americana sono elencati gli interventi compiuti contro i miliziani. Ad aprile 2017 sono stati 19 gli attacchi condotti in Siria, 13 quelli in Iraq. In entrambi in casi sono stati colpiti pozzi di petrolio, veicoli, postazioni dei miliziani e anche 132 civili. E marzo è stato il meso più cruento, con le bombe cadute dal cielo di Mosul che dovevano colpire gli jiiadisti ma hanno in realtà ucciso 200 persone tra civili e attivisti dei diritti umani. I militari Usa ammisero quell’errore, dieci giorni dopo.
L’errore di Tabqa. Dopo la strage dei civili di marzo, a aprile gli americani hanno colpito una postazione curda nella città siriana Tabqa. A morire furorno almeno 18 ribelli impegnati a combattere contro l’Isis. “Il raid – aveva affermato Washington – era stato richiesto dai nostri partner militari, che avevano identificato una postazione dell’Isis” ma in realtà “nel mirino sono finite le Forze democratiche siriane”, alleate degli Usa nella lotta all’Isis.
Tabqa è l’ultima roccaforte dello Stato islamico prima di Raqqa, da cui dista circa 40 km. L’offensiva per riconquistarla era cominciata solo da poche settimane. Fu il primo bombardamento espressamente voluto da Donald Trump, come risposta all’attacco chimico di Dayr az Zor, nell’omonima regione confinante con l’Iraq, che in molti hanno attribuito al presidente siriano Bashar al Assad, ma cui colpevole certo non è stato ancora individuato”….
La Repubblica, 2 giugno 2017
“Due mesi di sangue, quelli di marzo e aprile 2017, per i civili di Siria e Iraq, vittime innocenti dei raid della coalizione a guida Usa. Sessanta giorni in cui il numero di quelle che con un eufemismo vengono chiamate “vittime collaterali” è più che raddoppiato: 332 contro i circa 150 morti da agosto 2014, ovvero dall’inizio dell’operazione Inherent Resolve contro lo Stato Islamico. È quanto si legge nell’ultimo rapporto diffuso dal dipartimento della Difesa statunitente.
Qualcosa nell’offensiva militare deve essere cambiato. Secondo alcune organizzazioni non governative come AirWars, osservatorio sulle operazioni militari in Siria e Iraq guidato da un gruppo di giornalisti, gli Stati Uniti avrebbero abbassato gli standard di sicurezza utilizzati per difendere i civili durante gli attacchi per la liberazione delle zone controllate dall’Isis.
La coalizione, tuttavia, rifiuta le accuse mosse da AirWars e spiega l’aumento delle vittime con l’intensificarsi delle operazioni condotte su territori densamente abitati, e quindi a maggior rischio per i civili.
Non solo: per AirWars sarebbe da rivedere al rialzo anche il numero di vittime dichiarato dal Pentagono. Per la Difesa Usa 484 in tre anni, per l’Ong almeno 3817….
In un comunicato diffuso dalla Difesa americana sono elencati gli interventi compiuti contro i miliziani. Ad aprile 2017 sono stati 19 gli attacchi condotti in Siria, 13 quelli in Iraq. In entrambi in casi sono stati colpiti pozzi di petrolio, veicoli, postazioni dei miliziani e anche 132 civili. E marzo è stato il meso più cruento, con le bombe cadute dal cielo di Mosul che dovevano colpire gli jiiadisti ma hanno in realtà ucciso 200 persone tra civili e attivisti dei diritti umani. I militari Usa ammisero quell’errore, dieci giorni dopo.
L’errore di Tabqa. Dopo la strage dei civili di marzo, a aprile gli americani hanno colpito una postazione curda nella città siriana Tabqa. A morire furorno almeno 18 ribelli impegnati a combattere contro l’Isis. “Il raid – aveva affermato Washington – era stato richiesto dai nostri partner militari, che avevano identificato una postazione dell’Isis” ma in realtà “nel mirino sono finite le Forze democratiche siriane”, alleate degli Usa nella lotta all’Isis.
Tabqa è l’ultima roccaforte dello Stato islamico prima di Raqqa, da cui dista circa 40 km. L’offensiva per riconquistarla era cominciata solo da poche settimane. Fu il primo bombardamento espressamente voluto da Donald Trump, come risposta all’attacco chimico di Dayr az Zor, nell’omonima regione confinante con l’Iraq, che in molti hanno attribuito al presidente siriano Bashar al Assad, ma cui colpevole certo non è stato ancora individuato”….
La Repubblica, 2 giugno 2017
3 giugno 2017 - © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: 3 giugno 2017, ore 11:02
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