jeudi 31 janvier 2019


Fratoianni (Si): «Un governo di buffoni e arroganti, soluzioni zero, ormai è chiaro a tutti»


Parla il segretario di Sinistra Italiana, deputato di Leu. L'appello: Salvini li faccia sbarcare. Tutti. La sua è una scelta violenta contro i deboli. Viola la legge sui minori. Voteremo sì al processo, il ministro ha compiuto un abuso di potere


Nicola Fratoianni con i migranti a bordo della Sea Watch 3


Daniela Preziosi

EDIZIONE DEL29.01.2019

PUBBLICATO28.1.2019, 23:59

AGGIORNATO29.1.2019, 12:46


«Non abbiamo violato nessuna norma, al contrario di quello che dice Salvini. Oggi (ieri, ndr) alle 11 è stato pubblicato da parte della Guardia Costiera di Siracusa l’annuncio di un’ordinanza restrittiva per l’avvicinamento alla Sea Watch. Quindi non c’era nessun divieto di salire a bordo. Poi sono saliti anche i parlamentari del Pd. Quindi quest’ordinanza è una ridicola pezza a colori per accusarci di violazioni inventate. Noi parlamentari svolgiamo un’attività ispettiva, è un nostro diritto anzi un nostro dovere». Domenica pomeriggio Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana e parlamentare di Leu, è salito su un gommone dal porto di Siracusa e si è diretto verso la Sea Watch 3 con una delegazione di medici, volontari di Mediterranea, e due colleghi deputati, Riccardo Magi (+Europa) e Stefania Prestigiacomo (Forza italia). «A Prestigiacomo esprimo la mia solidarietà per la campagna maschilista che si è scatenata contro lei».

Cosa avete visto sulla nave?

47 migranti in condizioni di difficoltà, 13 minori, di cui otto non accompagnati. E così è smentita anche un’altra balla di Salvini. Abbiamo ascoltato storie di torture subite in quell’inferno che ormai è la Libia con cui abbiamo stretto accordi, e già prima di Salvini.

Il garante dei detenuti denuncia la violazione delle convenzioni per i diritti umani.

E di leggi italiane. Per i minori non accompagnati la legge esclude il respingimento. Devono essere subito sbarcati. Come tutti gli altri. La convenzione di Amburgo sulla Sar prescrive ai paesi di indicare il porto vicino più sicuro. In questo caso era quello italiano.

Il procuratore di Siracusa ha spiegato che, a differenza delle accuse lanciate da Salvini, per l’equipaggio della Sea Watch non si ipotizzano reati.

Una spiegazione molto opportuna. Già Sea Watch aveva pubblicato le comunicazioni con il centro di comunicazione marittimo olandese nelle ore in cui il meteo peggiorava. L’Olanda aveva indicato la Tunisia come possibile alternativa, impegnandosi a contattarla. Ma a quella comunicazione non è più seguita risposta. Dunque il comandante della nave ha fatto il suo dovere, ha scelto la rotta più sicura.

L’Europa non c’è. Salvini in questo ha ragione?

L’Europa non esiste come soggetto politico capace di affrontare un fenomeno strutturale che richiede una risposta cooperativa e plurale. E che non è lo spacchettamento dei numeri: le persone non sono pacchi. Ma il nostro è un governo di buffoni arroganti, forte con i deboli e debole con i forti, incapace di gestire anche situazioni limitate e semplici come questa. E il blocco di Visegràd, gli amici di Salvini, a ogni passo dimostra di non avere soluzioni, solo slogan: prima gli ungheresi, che vengono prima degli italiani. Una partita politica giocata in modo cinico e violento sulle persone in nome dell’ipocrisia di chi parla delle radici cristiane dell’Europa e poi lascia la notte di Natale uomini donne e bambini in mezzo al mare. Questo governo ha accentuato in modo forte una linea che ha ereditato dal precedente, quella in base alla quale il reato non è torturare le persone ma praticare solidarietà. La guerra alle Ong purtroppo non l’ha inventata Salvini.

Leu voterà l’autorizzazione al processo contro Salvini?

Sì. Siamo di fronte a un evidente abuso di potere. Una battaglia politica che travalica le funzioni del ministro dell’interno. Ma anche il resto del governo deve assumersi le sue responsabilità.

I sondaggi però gli sono favorevoli. Non temete che il ministro cercherà la santificazione?

Vedremo. Intanto aveva proclamato che avrebbe rinunciato all’immunità parlamentare e ora pare cambi idea. Occorre guardare bene a quello che è accaduto. Comunque, ci sono battaglie che vanno condotte anche quando sono impopolari. Ma poi siamo sicuri che durerà a lungo il plauso alla violenza con cui il governo si abbatte su persone deboli e vulnerabili? Io no. Anche perché è è sempre più chiaro che Salvini di soluzioni non ne ha. E “porti chiusi” è un hashtag, non ha avuto il coraggio di fare un provvedimento vero. E perché? Perché è solo uno slogan, è impraticabile.
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mardi 29 janvier 2019


Joe A. Buttigieg, «traduttore» di Gramsci nel mondo d’oggi


Il ricordo. Studioso di Joyce e del pensatore sardo, intellettuale comunista non dogmatico, si è spento a 72 anni


Joseph A. Buttigieg


Guido Liguori

EDIZIONE DEL29.01.2019

PUBBLICATO28.1.2019, 23:55

AGGIORNATO29.1.2019, 12:48


Joseph A. Buttigieg, Joe per gli amici, per chi lo conosceva e gli voleva bene, si è spento domenica scorsa all’età di 72 anni. Era nato a Malta nel 1947, ma da molto tempo viveva e lavorava negli Stati Uniti, dove era approdato ancora giovane, dopo aver studiato in Francia e nel Regno Unito. E dove si era sposato e aveva iniziato a insegnare.

Professore emerito di letteratura all’università di Notre Dame, a South Bend (Indiana), era autore di saggi e libri sull’estetica di James Joyce (A Portrait of the Artist in Different Perspective), sul postmodernismo e su altri autori e correnti letterarie e culturali del Novecento.

A QUESTA SUA ATTIVITÀ di storico, teorico e critico della letteratura, e alla sua appassionata attività di docente universitario, impegnato anche in ruoli di coordinamento e direzione, Buttigieg affiancava una grande passione per Gramsci, di cui era uno dei più insigni studiosi.

Grazie a Edward Said, la prestigiosa Columbia University Press gli aveva affidato la traduzione dei Quaderni del carcere in lingua inglese, edizione ancora in corso per via degli accurati studi intrapresi per mettere a punto apparati critici in grado di restituire ai lettori di lingua inglese il background culturale e politico del grande pensatore sardo.

Buttigieg era stato, alla fine degli anni Ottanta, con John Cammett e Frank Rosengarten, tra gli ideatori e iniziatori statunitensi della International Gramsci Society (Igs), l’associazione che riunisce studiosi e appassionati di Gramsci ovunque nel mondo.

Della Igs Joe era stato prima segretario, poi presidente, e aveva presenziato a tutti i suoi più importanti appuntamenti internazionali, a partire dai convegni di Napoli e Rio, nel 1997 e 2001, a quello di Cagliari-Ghilarza del 2007, fino ai recenti incontri di Roma e di Campinas, in Brasile, nel 2017.

PACATO, SORRIDENTE, ottimista, ma anche estremamente serio e competente, generoso nell’aiutare studiose e studiosi, aperto all’incontro con diverse culture e contesti, Buttigieg era invitato in molti paesi dei cinque continenti, soprattutto per parlare di Gramsci e del suo insegnamento, di come «tradurlo» nel mondo di oggi.

In Italia era di casa, fin da ragazzo, avendo viaggiato ripetutamente per la penisola dalla vicina Malta in compagnia del padre.

LA CONOSCENZA della nostra lingua e della nostra storia e cultura ne avevano fatto un interlocutore privilegiato per molti politici e intellettuali critici: vicino alla International Gramsci Society Italia, membro della commissione per l’edizione nazionale delle opere di Gramsci promossa dalla Fondazione Gramsci, membro della redazione della rivista Critica Marxista diretta da Aldo Tortorella, Buttigieg era un intellettuale comunista non dogmatico, democratico, sempre dalla parte delle classi subalterne e teso a comprendere le novità di questo «mondo grande e terribile, e complicato», per usare le parole di quel Gramsci che tanto amava e non si stancava di riproporre.

Non si dimenticherà facilmente il suo sorriso, che riassumeva la sua disponibilità umana e politica, il suo essere un «intellettuale organico» di tipo gramsciano, nei modi e nelle forme per tanti versi nuove che il mondo di oggi richiede.
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Italia via dall’Afghanistan, ma solo se Washington vuole

L'annuncio del ritiro, o quasi. In dodici mesi i 900 militari italiani impegnati nella missione Resolute Support dovrebbero tornare a casa. Effetto del "liberi tutti" a cui l'intesa Usa-Talebani porterebbe. Così l'Europa resta suddita della Casa bianca
Come l’accordo in fieri tra talebani e americani enucleato nel Qatar, anche il ritiro dell’Italia dall’Afghanistan – bandiera elettorale dei partiti ora al governo – è poco più di un’indiscrezione che recita così: il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha dato «disposizioni al Comando operativo di vertice interforze (Coi) di valutare l’avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan con un orizzonte temporale che potrebbe essere quello di 12 mesi».
In buona sostanza, senza essere riusciti a ridurre il contingente quando gli americani han preteso che noi restassimo, adesso – che da Washington si suona il “liberi tutti” – noi lestamente ci accodiamo. E saremo in buona compagnia: anche tedeschi, inglesi e tutti gli altri partner della missione Nato Resolute support potranno seguire a ruota e fare le valigie.
Un negoziato di pace è sempre una buona notizia, chiunque sia il mediatore e qualunque sia il risultato se le armi finalmente inizieranno a tacere. Ma è grave quanto triste che la diplomazia italiana – e con lei quella europea – non siano riuscite a dire a riguardo una sola parola per non disturbare il manovratore verso il quale noi europei abbiamo sempre agito in totale sudditanza. Politica e militare. Soprattutto militare, tanto che noi italiani abbiamo delegato soprattutto alla Difesa il dossier afghano specie da quando La Russa ne divenne il titolare, inaugurando la pratica di vestire la mimetica. Da quanto tempo un premier italiano non va in Afghanistan? Di regola ci va il ministro di Via XX settembre che non passa mai a trovare il capo di Stato – come un seria etichetta richiederebbe – ma solo i suoi militari nelle caserme ospiti del Paese. Un registro che il governo gialloverde non ha cambiato.
In dodici mesi dunque si dovrebbero ritirare i nostri 900 militari, i 148 automezzi, gli 8 velivoli e i diversi droni in gran parte dislocati a Herat e in piccola parte a Kabul. E potrebbe essere questa l’occasione per dimostrare agli afghani che un impegno civile può continuare, il che sta sempre in capo alle decisioni politiche. Ormai da anni la cooperazione è interdetta alle Ong, disincentivate e sconsigliate dal mettere piede in Afghanistan (salvo rare eccezioni come Emergency o Pangea che vivono di fondi propri).
Dopo aver perso la guerra, forse potremmo almeno tentare di sostenere la pace.

samedi 26 janvier 2019

Selected Writings: THESES ON BOURGEOIS DEMOCRACY AND THE DICTATORSHIP...

Selected Writings: THESES ON BOURGEOIS DEMOCRACY AND THE DICTATORSHIP...: Third (Communist) International 1st Congress Lenin 4 March 1919 1. Faced with the growth of the revolutionary workers’ movement in eve...

Diálogos secretos entre países y el papel de Trump: Revelan cómo se creó la coalición anti-Maduro
Publicado: 26 ene 2019 00:22 GMT

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El diputado Juan Guaidó viajó en secreto a EE.UU., Colombia y Brasil para conversar sobre una estrategia opositora contra el Gobierno de Maduro, sostienen fuentes consultadas por la agencia AP.

El dirigente opositor venezolano Juan Guaidó en Caracas, Venezuela, el 25 de enero de 2019.
Carlos Garcia Rawlins / Reuters
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La coalición de países latinoamericanos que junto a Washington reconocieron inmediatamente al diputado Juan Guaidó como presidente interino de Venezuela se consolidó durante semanas de diálogos secretos que incluyeron mensajes cifrados y una gira del dirigente opositor por el extranjero, revela AP citando a varias fuentes involucradas en las conversaciones.
Juan Guaidó llama a militares inconformes a una insurrección en Venezuela y convoca a gran movilización

Según Antonio Ledezma, exalcalde de Caracas prófugo de la Justicia venezolana, Guaidó viajó discretamente a mediados de diciembre a EE.UU., Colombia y Brasil para informar de la estrategia de la oposición de organizar manifestaciones masivas coincidiendo con la juramentación presidencial de Nicolás Maduro el 10 de enero. Para no atraer la atención de funcionarios migratorios, el diputado salió de Venezuela por tierra hacia Colombia, confirmó otro dirigente opositor anónimo.

Las fuentes señalan que construir un consenso entre la fragmentada coalición antigubernamental venezolana no fue una tarea fácil. El líder opositor consultado por AP relató que se utilizaron, entre otras cosas, largas sesiones de mensajes de texto cifrados, mientras que un funcionario estadounidense anónimo añadió que también se emplearon intermediarios para enviar mensajes al opositor Leopoldo López, mentor político de Guaidó.

Por su parte, un diplomático latinoamericano del Grupo de Lima indicó que, aunque durante su reunión en Bogotá Guaidó reveló su plan de autoproclamarse presidente interino durante una manifestación el 23 de enero, el suspenso duró hasta horas antes de la juramentación.



"Trump personalmente ha desatado buena parte de esto"

Las fuentes de AP sostienen también que el apoyo de la Administración Trump fue clave en la decisión de muchos países latinoamericanos de confrontar directamente al Gobierno bolivariano.

Así, un momento decisivo fueron unas declaraciones del presidente estadounidense en agosto de 2017, cuando no descartó una opción militar para Venezuela. En las semanas siguientes, el inquilino de la Casa Blanca criticó duramente a Maduro en su discurso ante la Asamblea General de las Naciones Unidas, así como cuestionó a asesores y a algunos líderes latinoamericanos sobre una eventual invasión militar del país sudamericano, lo que convenció a los dirigentes de la región de que Trump, a diferencia de gobiernos anteriores, estaba dispuesto a actuar, señaló Fernando Cutz, exasesor sénior de seguridad nacional para los presidentes Barack Obama y Trump.

"Trump personalmente ha desatado buena parte de esto", aseguró Cutz, detallando que "en cada conversación que ha tenido con líderes de América Latina desde que asumió la Presidencia, menciona a Venezuela", algo que "ha movido muchas opiniones".


El 4 de enero, un día antes de que Guaidó asumiera la Presidencia de la Asamblea Nacional en desacato, los cancilleres de trece países del Grupo de Lima anunciaron que no reconocerían el segundo mandato de Maduro, lo que puso a la Casa Blanca a correr para no quedarse atrás, señaló a la agencia un exfuncionario y miembro del Congreso de EE.UU. que estaba en estrecho contacto con el Consejo de Seguridad Nacional.

Otro protagonista clave fue Canadá, cuya canciller Chrystia Freeland habló con Guaidó la noche antes del juramento de Maduro para ofrecerle el apoyo de su Gobierno si se enfrentaba al líder socialista, aseguró un funcionario canadiense. Otros países que estuvieron muy activos, según AP, fueron Perú, Brasil y Colombia.








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Tema: Venezuela tras la autoproclamación de Guaidó

Etiquetas:MaduroTrumpVenezuelaamerica_latinaestados_unidos

mercredi 23 janvier 2019


Tamaño de cabeza y cerebro se diseñó genéticamente muy temprano


Los expertos, del Instituto Max Planck de Psicolingüística, en Alemania, y la Universidad de Bristol, en Reino Unido, analizaron a 46 mil adultos y niños, mediante los cuales investigaron variantes genéticas comunes y relativamente raras




Investigadores descubren genes que controlan el tamaño del cerebro y el cr{aneo/ Foto: TekCrispy

Londres, 21 ene (PL) Mediante un estudio de asociación de genoma completo en niños mayores y adultos, un equipo internacional de científicos descubrió que nuestra circunferencia final de la cabeza se predijo genéticamente a una edad muy temprana.

Los expertos, del Instituto Max Planck de Psicolingüística, en Alemania, y la Universidad de Bristol, en Reino Unido, analizaron a 46 mil adultos y niños, mediante los cuales investigaron variantes genéticas comunes y relativamente raras.

El análisis involucró muchas cohortes, incluido el Estudio Longitudinal Avon de Padres e Hijos, una muestra prospectiva donde los científicos pueden monitorizar el crecimiento de los pequeños desde el nacimiento en adelante.

Los especialistas descubrieron que las influencias genéticas en la circunferencia de la cabeza permanecen colectivamente estables durante el desarrollo y se correlacionan con factores genéticos que contribuyen al volumen intracraneal.

Nos sorprendió que los factores genéticos en la infancia expliquen más del 70 por ciento de la varianza genética a los siete años, y más del 60 por ciento a la edad de 15 años, expone Chin Yang, primer autor del estudio.

Al considerar la circunferencia de la cabeza y el volumen intracraneal como dos medidas de una característica subyacente compartida, denominada por los autores ‘dimensión craneal final’, el equipo identificó nueve loci (posición fija sobre un cromosoma) asociados nuevos.

Lo anterior incluye una variación genética relativamente rara de gran efecto dentro del gen TP53 que solo ocurre en aproximadamente el dos por ciento de la población.

Los especialistas explican que el TP53 codifica la proteína p53, que controla la división y la muerte celulares, por lo que podría ser importante para el desarrollo de las meninges, las membranas gruesas que cubren el cerebro y se encuentran directamente debajo del cráneo.

Nuestros hallazgos muestran que los enfoques de todo el genoma que combinan fenotipos relacionados genéticamente y de desarrollo pueden mejorar el poder de identificar variaciones genéticas relativamente raras con un gran efecto, resume Simon Haworth, asociado con la Universidad de Bristol.


ciencia



EFE






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lundi 21 janvier 2019


La arritmia del corazón eleva el riesgo de accidente cerebrovascular


De acuerdo con estimaciones de la Organización Mundial de la Salud (OMS), este padecimiento afecta a poco más de 33,5 millones de personas en todo el mundo




aboutespanol.comarritmia

México, ene (EFE).- Padecer fibrilación auricular, un tipo de arritmia del corazón, eleva hasta cinco veces el riesgo de sufrir un accidente cerebrovascular e incrementa las probabilidades de desarrollar insuficienciacardiaca, dijo hoy a Efe un especialista.

‘El gran problema de esta enfermedad es que puede pasar desapercibida y las personas que viven mucho tiempo con ella pueden tener como primer síntoma un accidente cerebrovascular’, aseveró el cardiólogo Gerardo Rodríguez Diez.

La fibrilación auricular ocurre cuando el corazón se contrae de manera irregular, lo que lleva a que lata hasta seis veces más rápido de lo normal y entonces la sangre no es bombeada correctamente.

Debido a ello, el torrente sanguíneo puede ser más lento o estancarse y causar la formación de un coágulo el cual puede migrar a cualquier órgano del cuerpo, principalmente al cerebro.

De acuerdo con estimaciones de la Organización Mundial de la Salud (OMS), este padecimiento afecta a poco más de 33,5 millones de personas en todo el mundo; mientras que en México alrededor de 1,3 millones de habitantes la sufren.

Explicó que entre los principales factores de riesgo están padecer una enfermedad cardiovascular como hipertensión, diabetes, cardiopatía isquémica, además de la obesidad, el sobrepeso, el tabaquismo y sufrir de apnea del sueño.

Pero también realizar ejercicio en exceso, practicar deporte de alto rendimiento por mucho tiempo, correr maratones, practicar alguna actividad de alto impacto, tener talla alta o familiares con esta enfermedad son factores de riesgo.

El problema, prosiguió, es que es una enfermedad degenerativa que, en la mayoría de las ocasiones se presenta en edades avanzadas debido al envejecimiento natural, aunque también puede darse desde los 35 años.

‘Es una enfermedad compleja, es degenerativa y multifactorial y, si vivimos lo suficiente, podemos tener un evento de fibrilación auricular a lo largo de nuestra vida’, argumentó el cardiólogo adscrito al área de arritmias del Centro Médico Nacional 20 de noviembre.

Rodríguez Diez, quien es electrofisiólogo, señaló que esto se ha convertido en un problema de salud pública pues muchas veces no provoca síntomas y por ello pasa inadvertida.

‘El principal o primer síntoma puede ser el evento embólico cerebral. Si a alguien le da una embolia cerebral, el primer evento es incapacitante en 70 % de los casos y mortal en 20 %’, comentó.

Si no se da tratamiento adecuado, dijo, se puede producir insuficiencia cardiaca y aumenta la mortalidad, por lo que es indispensable detectar y tratar oportunamente el padecimiento.

Explicó que, aunque la primera línea de tratamiento son los medicamentos antiarrítmicos que disminuyen fibrilación auricular, a veces estos ya no resultan suficientes por lo que hay que hacer un tratamiento más intenso e invasivo.

Se trata de la crioablación, un procedimiento en el que mediante un balón se congela el tejido en las cámaras superiores del corazón para bloquear la conducción de señales eléctricas irregulares que desencadenan la fibrilación auricular.

Con esto, señaló, se logra mantener al corazón en un ritmo normal la mayor parte del tiempo y el objetivo fundamental es tratar de mantener ese ritmo permanentemente.

‘Este tratamiento es el más efectivo a mediano y largo plazo y se recomienda desde etapas tempranas ya que así se puede mantener más tiempo al paciente con una aurícula de tamaño normal’, refirió el especialista.

Explicó que la recomendación es que las personas se hagan un chequeo con electrocardiograma después de los 40 años por lo menos cada dos o tres años y aprender a detectar los síntomas.

‘Se pueden presentar palpitaciones, desmayos, mareos, sudoración y dolor en el pecho, debilidad, dificultad para respirar, ansiedad y angina de pecho’, recalcó.

Además, señaló, se deben adoptar estilos de vida saludables, no fumar o dejar de hacerlo y acudir al médico de manera inmediata si se presenta algún síntoma.


México salud



EFE






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