Joe A. Buttigieg, «traduttore» di Gramsci nel mondo d’oggi
Il ricordo. Studioso di Joyce e del pensatore sardo, intellettuale comunista non dogmatico, si è spento a 72 anni
Joseph A. Buttigieg
Guido Liguori
EDIZIONE DEL29.01.2019
PUBBLICATO28.1.2019, 23:55
AGGIORNATO29.1.2019, 12:48
Joseph A. Buttigieg, Joe per gli amici, per chi lo conosceva e gli voleva bene, si è spento domenica scorsa all’età di 72 anni. Era nato a Malta nel 1947, ma da molto tempo viveva e lavorava negli Stati Uniti, dove era approdato ancora giovane, dopo aver studiato in Francia e nel Regno Unito. E dove si era sposato e aveva iniziato a insegnare.
Professore emerito di letteratura all’università di Notre Dame, a South Bend (Indiana), era autore di saggi e libri sull’estetica di James Joyce (A Portrait of the Artist in Different Perspective), sul postmodernismo e su altri autori e correnti letterarie e culturali del Novecento.
A QUESTA SUA ATTIVITÀ di storico, teorico e critico della letteratura, e alla sua appassionata attività di docente universitario, impegnato anche in ruoli di coordinamento e direzione, Buttigieg affiancava una grande passione per Gramsci, di cui era uno dei più insigni studiosi.
Grazie a Edward Said, la prestigiosa Columbia University Press gli aveva affidato la traduzione dei Quaderni del carcere in lingua inglese, edizione ancora in corso per via degli accurati studi intrapresi per mettere a punto apparati critici in grado di restituire ai lettori di lingua inglese il background culturale e politico del grande pensatore sardo.
Buttigieg era stato, alla fine degli anni Ottanta, con John Cammett e Frank Rosengarten, tra gli ideatori e iniziatori statunitensi della International Gramsci Society (Igs), l’associazione che riunisce studiosi e appassionati di Gramsci ovunque nel mondo.
Della Igs Joe era stato prima segretario, poi presidente, e aveva presenziato a tutti i suoi più importanti appuntamenti internazionali, a partire dai convegni di Napoli e Rio, nel 1997 e 2001, a quello di Cagliari-Ghilarza del 2007, fino ai recenti incontri di Roma e di Campinas, in Brasile, nel 2017.
PACATO, SORRIDENTE, ottimista, ma anche estremamente serio e competente, generoso nell’aiutare studiose e studiosi, aperto all’incontro con diverse culture e contesti, Buttigieg era invitato in molti paesi dei cinque continenti, soprattutto per parlare di Gramsci e del suo insegnamento, di come «tradurlo» nel mondo di oggi.
In Italia era di casa, fin da ragazzo, avendo viaggiato ripetutamente per la penisola dalla vicina Malta in compagnia del padre.
LA CONOSCENZA della nostra lingua e della nostra storia e cultura ne avevano fatto un interlocutore privilegiato per molti politici e intellettuali critici: vicino alla International Gramsci Society Italia, membro della commissione per l’edizione nazionale delle opere di Gramsci promossa dalla Fondazione Gramsci, membro della redazione della rivista Critica Marxista diretta da Aldo Tortorella, Buttigieg era un intellettuale comunista non dogmatico, democratico, sempre dalla parte delle classi subalterne e teso a comprendere le novità di questo «mondo grande e terribile, e complicato», per usare le parole di quel Gramsci che tanto amava e non si stancava di riproporre.
Non si dimenticherà facilmente il suo sorriso, che riassumeva la sua disponibilità umana e politica, il suo essere un «intellettuale organico» di tipo gramsciano, nei modi e nelle forme per tanti versi nuove che il mondo di oggi richiede.
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