Africa. A Gibuti la prima base militare della Cina all'estero
Nel piccolo Paese del Corno d'Africa, che già ospita quattro basi tra cui una americana e una italiana, Pechino ha inviato un primo gruppo di militari: si allarga la sfera d'influenza nel continente
Uomini della Marina cinese
La base è stata ultimata nel giro di un anno e avrà tra i suoi compiti ufficiali “la cooperazione militare, le esercitazioni congiunte, la protezione dei cinesi all’estero, il mantenimento della sicurezza in rotte marittime strategiche internazionali”. Secondo le autorità locali, i militari impiegati non dovrebbero superare le 300 unità, ma potenzialmente la base potrebbe ospitarne 2mila. Al momento non è previsto un aeroporto, ma ci sarà un eliporto e un porto sufficiente ad accogliere navi da guerra.
Militari americani di stanza a Gibuti
Non sfugge, peraltro, che Gibuti sia anche sede dell’unica base militare stabile americana nel continente africano, situata a otto chilometri da quella cinese. Dalla base Usa di Camp Lemonnier, dove sono dislocati 4mila soldati, partono le missioni dei droni in Yemen e Somalia, oltre che operazioni delle forze speciali nella regione. Gibuti - situata in un punto strategico del Corno d’Africa e vicina anche allo stretto di terra che collega il continente con il Golfo di Aden e la parte meridionale della penisola arabica - ospita inoltre una base francese, una giapponese e una italiana “di logistica” con 110 uomini. Gibuti è anche al crocevia di importanti rotte del commercio marittimo e la base cinese – che potrebbe essere “replicata” anche in Pakistan - ha tra i suoi obiettivi anche la lotta alla pirateria nella zona.
Già lo scorso anno Pechino aveva inaugurato a Gibuti una nuova linea ferroviaria che collega il piccolo Stato all’Etiopia, salutando il progetto come l'esempio di "un nuovo modello di cooperazione" con i Paesi del continente. Lo stesso presidente cinese Xi Jinping, nel corso del suo ultimo viaggio in Sudafrica nel 2015, aveva ribadito che l’Africa è oggetto di forte attenzione da parte di Pechino, che punta ad investirvi 60 miliardi di dollari, tra cui 5 miliardi di assistenza a zero interessi e 35 miliardi in prestiti agevolati.
Uno dei treni cargo che faranno la spola dal porto di Mombasa a Nairobi: la nuova ferrovia è opera cinese (Ansa/Ap)
Sono centinaia le infrastrutture costruite nel continente dalla Cina, che in Africa invia anche la manovalanza: sarebbero un milione i cinesi sbarcati nel continente per lavoro. Tra i progetti maggiori c’è quello del porto di Bagamoyo, in Tanzania, che sarà il più grande scalo marittimo dell’Africa orientale. Un mese fa è stata inaugurata la nuova ferrovia che collega la capitale del Kenya Nairobi a Mombasa, il principale porto del Paese in riva all’Oceano Indiano: è costata 2,8 miliardi di dollari. Altri tasselli sono la ferrovia sudanese che va da Khartum a Port Sudan o la costruzione del nuovo porto di Massaua, in Eritrea. Non si contano poi gli accordi per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi, come quelli con i governi di Ciad, Mauritania e Guinea Equatoriale, o gli accordi commerciali per il petrolio sudanese e angolano. Tutte “manovre” che garantiscono poi influenza anche a livello politico in un continente in cui cala invece progressivamente il peso di Stati Uniti ed Europa.
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