Festival. Al Bergamo Film Meeting una mostra con le foto di Roberto Villa sul set del film del 1974 di Pasolini.
E fino al 31 marzo la Porta di Sant'Agostino ospita «Nathalie Djurberg e Hans Berg. Rites of passage», le opere del duo svedese
Silvia NugaraBERGAMO
EDIZIONE DEL15.03.2019
PUBBLICATO15.3.2019, 0:31
AGGIORNATO14.3.2019, 20:11
Quest’anno, nell’ambito del Bergamo Film Meeting sono allestite due diverse mostre, ciascuna in un luogo suggestivo e accuratamente scelto della città: l’Ex-Chiesa della Maddalena è sede fino a domenica 17 marzo del percorso Pasolini e le Mille e una notte (lun. – ven. 15,30-19,30; sab. – dom. 11 -19,30) mentre la Porta di Sant’Agostino ospita fino al 31 marzo Nathalie Djurberg e Hans Berg. Rites of Passage (lun. – ven. 15,30 – 19,30; sab. – dom. 11 – 19,30. Dal 18 al 31 marzo: chiuso il lunedì e il martedì). La prima riunisce una serie di scatti del fotografo genovese Roberto Villa realizzati nel 1972 sul set de Il fiore delle Mille e una notte (1974) tra Iran e Yemen.
Sono immagini che restituiscono i volti, i corpi, gli ambienti e il lavoro che per tre mesi e mezzo portò la troupe a viaggiare attraverso diciotto diverse città con un Pasolini instancabilmente impegnato dietro la macchina da presa, nel dialogo con gli attori (tra tutti Ninetto Davoli, Franco Citti e Ines Pellegrini), nell’allestimento e nella messa a punto del set insieme allo scenografo Dante Ferretti e al direttore della fotografia Giuseppe Ruzzolini, o nella scrittura e riscrittura della sceneggiatura (con Dacia Maraini).
VILLA aveva incontrato Pasolini a Milano nel 1972 in occasione di una tavola rotonda sulla libertà d’espressione (con, tra gli altri, Morando Morandini e Giovanni Raboni). I due parlarono di cinema e fotografia in termini di «linguaggio» proprio come Villa ha scelto di fare durante l’incontro con il pubblico tenutosi mercoledì 13: un excursus di chiara fede strutturalista tra semiologia, poesia e arte, da De Saussure a Shannon e Weaver, da Velasquez a Sanguineti.
A quel primo incontro con PPP, seguì un invito a Roma e poi ad Aden per documentare un’impresa monumentale che portò Villa a realizzare 8000 foto nell’arco di cento giorni. Sfortunatamente, la metà è andata perduta ma ne rimane una traccia in provini a contatto dei negativi stampati, alcuni dei quali sono presenti in mostra.
L’incontro tra Villa e Pasolini fu modo per entrambi di discutere di rappresentazione e realtà, in una dialettica ben riassunta dall’aneddoto che sta dietro alla foto con cui la mostra si apre: «Pierpaolo, prendi il ciak che ti faccio una foto» «Ma così è finzione» «Ma anche il cinema e finzione». Pasolini desiderava che Il fiore delle Mille e una notte si inserisse nel tessuto sociale del luogo, vivesse negli spazi di quell’oriente impervio e sognante, attraverso la fisicità dei suoi abitanti di ogni età che Villa immortala in gruppo o in primi piani intensi, densi di tessiture epidermiche.
Il regista voleva anche che il film fosse il più ricco di colori mai esistito e a ciò contribuirono non poco gli splendidi costumi di Danilo Donati che le foto esaltano ulteriormente con giochi di riflessi sull’acqua nel cortile del palazzo regale. A queste immagini si aggiungono una selezione di manifesti d’epoca e le fotobuste in edizione francese del film provenienti dalla collezione di Primo Giroldini (Parma).
La seconda delle esposizioni al Bergamo Film Meeting è dedicata al duo Nathalie Djurberg e Hans Berg, svedesi attivi a Berlino, che nel 2009 ha vinto il Leone d’Argento alla 53esima Biennale di Venezia «Fare Mondi». Ispirati dal contesto della Porta, gli artisti e i curatori Stefano Raimondi e Claudia Santeroni hanno selezionato tre video per riflettere attorno all’idea di passaggio, di attraversamento di una soglia o di trasgressione del proibito. Realizzate tra il 2017 e il 2018, le tre videoinstallazioni partono da creature in plastilina, argilla, filo di ferro e tela dipinta che, plasmate e modellate, vengono fotografate per dare vita ad animazioni in stop-motion. In Am I Allowed To Step On This Nice Carpet (2018), diavoli, gremlins e altre creature vermiformi si strusciano sugli interni morbidi di una stanza tutta velluti, cuscini e tappeti. Entrano circospetti, pieni di lascivia e desiderio e si domandano: «Posso? Mi è permesso camminare su questi bei tappeti?» Chiunque desidererebbe trovare ristoro in tanto lusso, calma e voluttà ma una volta contaminati da quei mostri, è possibile che quei luoghi suscitino ancora desiderio?
LE OPERE di Djurberg e Berg giocano sul contrasto tra la materialità colorata e giocosa delle figure animate e l’oscurità dell’immaginario a cui danno accesso i loro atti e pensieri. Dark Side of the Moon (2017), per esempio, esplora il rapporto tra psiche e trauma attraverso un viaggio narrativo che chiama in causa figure e archetipi delle favole. C’è una casetta nella foresta, un lupo suadente, un maiale, una luna licenziosa. Una ragazzina prova a entrare nella casetta ma la porta è suggellata come un segreto inconfessabile e, mentre lei tenta di penetrarlo, gli animali la distraggono, tentano di saziare la sua sete di sapere con dolcetti mentre l’atmosfera si fa sempre più inquietante.
I PROTAGONISTI delle opere in mostra sono animali antropomorfi, figure mitologiche o umani preda d’istinti bestiali, di pulsioni demoniache, di passioni senza controllo. C’è il coccodrillo pappone e ricettatore che come un minotauro presiede sui corridoi labirintici di One Need Not be a House, The Brain Has Corridors (2018) tappezzati proprio come il pavimento della sala espositiva in cui il pubblico è invitato ad accomodarsi. Nel video, l’obiettivo vaga in cerca di scampo ma dietro ad ogni angolo c’è un relitto umano che si vende o spaccia, dietro ad ogni porta una vacca lasciva o un’altra belva che ne ha viste di tutti i colori.
C’è un cavallino alato che non ha abbastanza spazio per volare e un quadrupede dal dorso incastonato di pietre preziose che ricorda la sfortunata tartaruga del Des Esseintes di Huysmans. All’atmosfera visiva ipnotica e perturbante delle animazioni contribuiscono le musiche originali di Hans Berg. Oltre ai video, la bellissima sala cinquecentesca della Porta ospita, sotto il suo tetto di travi in legno, un esempio della ricerca scultorea dei due artisti: Sunrise e Sunset sono due coppie di volatili poste rispettivamente a est e a ovest per sottolineare la dimensione temporale in cui si compiono i passaggi dentro e fuori questo luogo di transito, di mutazione e di meditazione.
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